Primo giorno in una città quasi sconosciuta, senza progetti né programmi, fino a domani.
Stamattina mi sveglio presto e carica di energie, come da ormai più di un mese mi capita di essere. Ho un po' di teorie sul perché mi senta così, e probabilmente la verità le comprende tutte quante. Ma non è di questo che volevo parlare.
Ancora non mi rendo conto, probabilmente, di essere venuta qui a vivere. Non a passare qualche settimana da amici, ma a vivere. Ci sono tante cose a cui devo pensare che ovviamente prima avevo considerato relativamente, o, insomma, non mi sembravano così complesse.
Uscire di casa fa rompere ogni schema, ogni punto di riferimento. Quando ti trovi nella tua città, per ogni necessità sai chi chiamare, dove andare. Sembrano cose banali, ma viverle è diverso. Anche dirlo è banale, probabilmente.
Dicevo che, comunque, mi sono svegliata piena di energie, carica per esplorare questo nuovo mondo in cui mi trovo. Esco di casa di buon ora e parto a piedi verso il centro, che non è poi così lontano dalla mia casina che sembra isolata dal mondo, e inizio a registrare nella mia mente ogni particolare di ogni strada che percorro. In un certo senso mi sento già a casa, mi è familiare questo posto, come se ci girassi da anni. In effetti la mia prima visita a Padova è stata breve ma molto intensa, e ricordo ogni strada che ho percorso come se fossero trascorsi due mesi invece che due anni. Che cosa buffa, il tempo.
Queste strade non sono così difficili da imparare. Al termine della mia passeggiata, decido di fermarmi al supermercato a fare la spesa.
Non sono così tranquilla in realtà. Mi rendo conto che, nonostante sia abbastanza corta da fare a piedi, mi servono tante cose e le borse potrebbero diventare pesanti. Sarebbe meglio fermarmi in un posto più vicino, ho già visto che ce ne sono. Niente, qui in Veneto evidentemente non esiste l'uscita senza acquisti. Tanto vale prendere tutto quel che mi serve, la fila è chilometrica; tornerò a casa in autobus.
Gentilissima, la signora della tabaccheria mi indica la fermata dopo avermi venduto il biglietto, ed è mentre mi dirigo verso di essa che la prima borsina biodegradabile del Pam decide di biodegradarsi prima del tempo. Pazienza, era la più piccola, quindi riesco a riporre tutto tra la mia borsa e l'altra sportina e raggiungere la fermata, ed è lì che anche l'altra si rompe. Dentro c'è di tutto. Uova comprese.
Mi metto a raccogliere il possibile, ora agitatissima, e cerco di inventare un modo per ricomporre questa maledetta sportina. Non posso mettere tutto in borsa, non c'è spazio. La fermata pullula di gente, ma a nessuno sembra venire in mente che potrei aver bisogno di una mano.
Telefono al mio coinquilino, quello con la macchina, ma anche lui non da segni di vita.
Alla fine mi si avvicina uno zingaro. Sì, era seduto non molto distante insieme ad una sua compagna, a chiedere l'elemosina. Viene da me e mi indica la fermata dell'autobus, poi va dalla sua amica, si fa passare una borsina un po' più resistente e me la regala. Ringrazio con tutti i sospiri di sollievo che posso immaginare, e riesco ad andare a casa, con un'altro schema rotto nella mia mente, ma sociale, questa volta.
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