lunedì 30 settembre 2013

Schemi rotti e sospiri di sollievo

Primo giorno in una città quasi sconosciuta, senza progetti né programmi, fino a domani.
Stamattina mi sveglio presto e carica di energie, come da ormai più di un mese mi capita di essere. Ho un po' di teorie sul perché mi senta così, e probabilmente la verità le comprende tutte quante. Ma non è di questo che volevo parlare.
Ancora non mi rendo conto, probabilmente, di essere venuta qui a vivere. Non a passare qualche settimana da amici, ma a vivere. Ci sono tante cose a cui devo pensare che ovviamente prima avevo considerato relativamente, o, insomma, non mi sembravano così complesse.
Uscire di casa fa rompere ogni schema, ogni punto di riferimento. Quando ti trovi nella tua città, per ogni necessità sai chi chiamare, dove andare. Sembrano cose banali, ma viverle è diverso. Anche dirlo è banale, probabilmente.
Dicevo che, comunque, mi sono svegliata piena di energie, carica per esplorare questo nuovo mondo in cui mi trovo. Esco di casa di buon ora e parto a piedi verso il centro, che non è poi così lontano dalla mia casina che sembra isolata dal mondo, e inizio a registrare nella mia mente ogni particolare di ogni strada che percorro. In un certo senso mi sento già a casa, mi è familiare questo posto, come se ci girassi da anni. In effetti la mia prima visita a Padova è stata breve ma molto intensa, e ricordo ogni strada che ho percorso come se fossero trascorsi due mesi invece che due anni. Che cosa buffa, il tempo.
Queste strade non sono così difficili da imparare. Al termine della mia passeggiata, decido di fermarmi al supermercato a fare la spesa.
Non sono così tranquilla in realtà. Mi rendo conto che, nonostante sia abbastanza corta da fare a piedi, mi servono tante cose e le borse potrebbero diventare pesanti. Sarebbe meglio fermarmi in un posto più vicino, ho già visto che ce ne sono. Niente, qui in Veneto evidentemente non esiste l'uscita senza acquisti. Tanto vale prendere tutto quel che mi serve, la fila è chilometrica; tornerò a casa in autobus.
Gentilissima, la signora della tabaccheria mi indica la fermata dopo avermi venduto il biglietto, ed è mentre mi dirigo verso di essa che la prima borsina biodegradabile del Pam decide di biodegradarsi prima del tempo. Pazienza, era la più piccola, quindi riesco a riporre tutto tra la mia borsa e l'altra sportina e raggiungere la fermata, ed è lì che anche l'altra si rompe. Dentro c'è di tutto. Uova comprese.
Mi metto a raccogliere il possibile, ora agitatissima, e cerco di inventare un modo per ricomporre questa maledetta sportina. Non posso mettere tutto in borsa, non c'è spazio. La fermata pullula di gente, ma a nessuno sembra venire in mente che potrei aver bisogno di una mano.
Telefono al mio coinquilino, quello con la macchina, ma anche lui non da segni di vita.
Alla fine mi si avvicina uno zingaro. Sì, era seduto non molto distante insieme ad una sua compagna, a chiedere l'elemosina. Viene da me e mi indica la fermata dell'autobus, poi va dalla sua amica, si fa passare una borsina un po' più resistente e me la regala. Ringrazio con tutti i sospiri di sollievo che posso immaginare, e riesco ad andare a casa, con un'altro schema rotto nella mia mente, ma sociale, questa volta.

giovedì 26 settembre 2013

Coraggio e amicizia

Un mese particolarmente intenso, quello passato, che a breve si concluderà con la decisione più importante che finora abbia preso. Cambierò casa, cambierò città, così, senza che una ragione specifica mi spinga a farlo. Le ragioni ci sono, ovviamente, ma non di quelle cose strazianti per cui uno se ne deve per forza andare o deve andare proprio là.
Ho scoperto quelle due cose che ho scritto all'inizio, durante questo mese. Banale, direte, non sono concetti a cui si pensa raramente, soprattutto quando si è così interessati ad indagare sui massimi sistemi della vita. Le cose importanti, poi, si scoprono all'improvviso, senza il bisogno di pensarci troppo. Lo leggevo qualche ora fa su un libro di Osho: "avete mai considerato che nessun processo significativo della vita è in rapporto con il pensiero?"
Sto cambiando casa, e città, ed ironicamente, per la prima volta scopro cosa significhi essere amica di qualcuno. Ci si conosce troppo poco, oppure troppo bene. Non c'è giudizio né ragione per cui essere amici, ci si potrebbe tranquillamente evitare e stare certi che non ci si incroci per strada per caso.
E non penso che sia qualcosa di totalmente separato dal coraggio. Ma non fraintendetemi, non sto per cominciare uno di quei discorsi strazianti secondo cui per fidarsi della gente ci vuole coraggio, mettersi in gioco bla bla bla.
Parlo di coraggio e amicizia come due cose unite dal momento in cui, secondo me, un buon presupposto per un'amicizia vera è aver vissuto insieme qualcosa che richiede coraggio, e che non deve per forza riguardare l'altro. Basta essere stati lì, nello stesso momento, nello stesso posto, ed essersi tenuti la mano, anche solo simbolicamente parlando. Magari si stava affrontando la stessa prova, o magari ognuno stava fronteggiando i propri personali demoni, fatto sta che qualcosa è scattato, in quel momento, in entrambi, insieme.
Questo è accaduto, nella scorsa estate, con due persone in particolare, tre, forse. Finalmente amo nel senso più ampio, finalmente conosco qualcuno davvero. Un'unione che non lega, che non impedisce l'esistenza di tutto il resto, che rende possibile l'essere davvero felici o tristi per qualcun altro. Sembra banale, sembra scontato. Tutti dicono di provare questo per i propri amici, figli, parenti, fidanzati.
Quanti lo provano davvero?

domenica 15 settembre 2013

Il mare e l'amore per gli alberi di Natale

Mi sono innamorata, come ci si innamora del mare o di una tempesta.
Mi sono innamorata, ma non di una persona in particolare, non nel senso convenzionale. Non è facile spiegarlo.
Si pensa all'innamoramento come una cosa romantica e struggente, in certi frangenti, occhi sognanti e lacrime di gioia, poesie d'amore sotto le coperte, quando fa freddo. Altrimenti, si può fare anche senza coperte. Se la mano trema, scrivere non è semplice.
Ad un certo punto ho aperto gli occhi, e ho ritrovato quell'infinito che non conoscevo da quando ero poco più di una ragazzina, e per la prima volta ho avuto l'impressione che il mondo fosse finito. Forse era la seconda volta, ora che ci penso meglio, forse la terza. Ma quella è stata proprio drastica; quella volta, ho preso le mie emozioni e le ho rinchiuse in un materiale isolante, ho preso la mia salute mentale e l'ho messa in mano di sconosciuti. Non so perché lo feci, so che non mi ripresi per anni, però. Fino ad ora.
Il mondo è cambiato, e nonostante tutto penso di non essermi mai più innamorata.
Ma qua serve concentrazione, perché non è un concetto semplice da spiegare. Abbiamo già detto che non intendo l'innamoramento come quel che si pensa in genere, nel senso comune della cosa, quella che gli psicologi dicono sia la fase che precede l'amore, in cui si ama un'ideale. Intendo dire che sento di nuovo la vita, vedo i colori, e la persona che mi ha fatto tutto questo non è idealizzata nella mia testa. Forse si potrebbe definire più che altro un tramite, una fonte di ispirazione.
Amare la vita attraverso qualcuno. Forse è questo il grande amore di cui parlano poemi e storie, quello in cui si trova una sorta di realizzazione e che trascende ogni sciocchezza che la mente ci impone. Un po' come parlare delle pietre focaie: indispensabili perché venga acceso il fuoco, anche se da sole non scaldano molto. Almeno fino all'invenzione dell'accendino, si intende.
Guardo indietro, e al presente, e non posso non notare un filo conduttore, perfettamente sensato anche se non immediatamente individuabile, che guida tutto fin dal principio. Non c'è molto da fare: la vita ti indica in tutti i modi la strada da seguire, e devi soltanto coglierlo, non perderti, non dimenticare.
Ogni singolo istante ha un senso, ogni momento, ogni parola: che succeda di proposito o no, è irrilevante. E cogliere tutto è certo impegnativo, ma io sono convinta che sia buona cosa fidarsi. Un po' come dicono i maestri zen e i mistici in generale: lasciarsi guidare dalla corrente, non nuotarvi contro.
Questo non significa non ribellarsi, ed è facile confondersi. Significa che il significato di ogni cosa, così come la soluzione ai nostri problemi e la via per la felicità, ci danzano davanti con pailettes e lucine intermittenti, un po' come Matthew Bellamy fa ai concerti: bisogna solo accorgersene, e non è nemmeno troppo difficile. Magari si tende a distogliere lo sguardo, perché in effetti non tutti sono mentalmente aperti, ed un immagine così può lasciare parecchio perplessi; o non tutti sono particolarmente svegli, e tendono a scambiare il cantante dei Muse con un albero di Natale.
Il bello è che, una volta presa visione e accettato, seppure con un certo livello di esasperazione, tutto questo, non è più necessario preoccuparsi. Il mondo continuerà a scorrere come ha sempre fatto e, per quanto non si smetta mai di sorprendersi, sembrerà tutto più leggero, magari frivolo e certamente sensato. Oppure no. Ma non discutiamo sul significato della parola "senso", il festival della filosofia è finito, grazie al cielo.
Tutto è bello e brutto allo stesso tempo, tutto ciò che deve accadere accadrà, in un modo o nell'altro. Tiriamo un sospiro di sollievo. Si può essere innamorati, e non distruggersi per questo, per quanto possibile o impossibile sia questo amore.
Io penso e sorrido, anche se con un briciolo di malinconia: come quando, a fine Agosto delle estati in cui non ero costretta a rimanere a casa, tornavo dal mare, nostalgica ma carica di nuova energia.